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Cos’è il coraggio se non una manifestazione d’amore?

  

foto articolo

 

23 maggio 1992. Strage di Capaci.

23 maggio 2014. Piazza Dante Alighieri, Galatina. Sono le 12.00, il colpo d’occhio emoziona. La nostra piazza cittadina è letteralmente gremita di piccoli, giovanissimi e giovani studenti. Sono presenti quasi tutte le scuole Galatinesi, apre l’incontro un collegamento con Palermo, la cui piazza è affollata come e più della nostra. Si festeggia Giovanni Falcone. Insieme a lui si festeggiano la donna che lo amava e gli uomini della scorta, Antonio Montinaro (conterraneo di Calimera), Vito Schifani e Rocco Di Cillo, che lo accompagnarono nel lungo e difficile viaggio alla ricerca delle verità.

Giustizia e legalità si costruiscono a partire dalla scuola e dagli studenti, che la abitano per acquisire saperi, sensibilità e consapevolezza. La legalità si costruisce a partire dalla persona, perchè è la persona che la porta nel sistema sociale e ne fa un fondamento.
È stata un’attualizzazione e non la commemorazione di un morto.
Giovanni Falcone è rimasto nella storia del nostro paese perchè ha fatto dono di sè fino in fondo. Un sacrificio che sul momento sembrò inutile. Antonino Caponnetto alla morte di Paolo Borsellino, avvenuta poche settimane dopo quella di Falcone, ebbe modo di dire, preso dallo sconforto più cieco: "È finita.  È finito tutto". Lo stesso Caponnetto, dopo qualche tempo smentì seccamente quella dichiarazione umana e comprensibile. Egli era il padre professionale di Falcone e Borsellino, e li amava. Quella perdita (considerato il valore umano e professionale) dovette generargli un senso di vuoto incolmabile.
Come peraltro fu per tutta Palermo e per tutto il Paese.

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Oggi noi possiamo dire insieme a Caponnetto che non era finita, anzi, che tutto stava cominciando esattamente da lì. Da quel vuoto fertile, da quel boato, dall’abbandono, dalla solitudine.

Falcone fu ucciso perchè aveva scoperto una cosa incredibile: lo Stato e la Mafia trattavano insieme. Trattare vuol dire venire incontro alle ESIGENZE dell’altro. Ciò che ad un uomo di giustizia come Falcone non potè sfuggire è che alcune esigenze sono legittime, altre sono illegittime e trovano fondamento nella violenza, nella prevaricazione sistematica, e nella violazione continua della legge e dei principi Costituzionali, garanti della vita e del benessere di ogni cittadino.

Ciò che noi oggi possiamo chiamare Trattativa Stato-Mafia allora fu considerata la più pericolosa fuoriuscita di informazioni riservate. Una bomba che avrebbe minato alle basi il nostro governo, tutti i partiti e infine la politica italiana, all’interno del Paese e all’estero, così come eravamo abituati a pensarla: democratica e costituzionale.

Oggi, dopo 22 lunghi anni si può parlare apertamente di Trattativa Stato – Mafia perchè una sentenza passata in giudicato (Sentenza Tagliavia) l’ha decretata senza ombra di dubbio. Il sacrificio dunque non è stato inutile. È stato utile per capire in quale paese noi abbiamo vissuto e continuiamo a vivere. Se la coscienza di un Paese può definirsi la sua salvezza, allora gli uomini e le donne che sanno donarsi fino in fondo per il proprio Paese, creando consapevolezza, lo salvano.

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Oggi, dopo 22 anni, un giovane magistrato chiamato Nino Di Matteo sta mettendo in gioco la propria vita, quella della propria famiglia, e degli uomini della scorta, per aver raccolto quella eredità. Fare il magistrato era il suo sogno fin da bambino, così ha detto durante l’intervista rilasciata in classe ai ragazzi del 2° Polo di Galatina, qualche giorno fa.


I bambini non sbagliano mai.


Il processo sulla Trattativa Stato – Mafia si deve a lui. Testimoni in questo processo sono il suo capo scorta, Mar. Saverio Masi e Massimo Ciancimino, figlio di uno dei re della mafia palermitana. Entrambi dichiarano di aver vissuto e portare dentro le radici della Palermo di Giovanni e Paolo e non quella di Don Vito. A dimostrazione che la memoria di Falcone ha vinto i legami di sottomissione con il potere e permesso di rompere duri legami patriarcali forti come catene.

Venerdì 23 maggio fare memoria della vita di Giovanni Falcone ha significato attualizzare il suo donoCosa possiamo fare noi oggi per continuarne il respiro, per non uccidere la verità, per onorare la nostra Costituzione,  per portare trasparenza in politica e al Governo, nelle nostre vite, per non far saltare in aria i nostri figli migliori?

 

Misericordia e verità s’incontreranno,

giustizia e pace si baceranno.

La verità germoglierà dalla terra

e la giustizia si affaccerà dal cielo.

Quando il Signore elargirà il suo bene,

la nostra terra darà il suo frutto.

Davanti a lui camminerà la giustizia

e sulla via dei suoi passi la salvezza.

(dal Salmo 85)

 

Stefania Tundo - Egerthe! Galatina

 

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