Intervento di Annastella Carrino
Ostuni, 23 luglio - Festa di Santa Maria Maddalena
Questo marchio infamante che la Maddalena ha messo secoli per superare si spiega anche perché va inserito in tutto un filone di negatività.
C’è un’enorme tradizione dotta e popolare che ha pesato e che pesa ancora sulla figura della donna e parte da lontano, parte da Platone, da Aristotele. Per Aristotele la donna era un maschio venuto fuori male, incompleto, un errore di concepimento, la perfezione era quella maschile perché l’idea era quella di un modello unico dell’anatomia umana e siccome la donna non aveva gli organi sessuali estroflessi era incompleta: l’uomo sì, quello sì che era completo mentre la donna serviva, l’idea era “che cos’è l’uomo, a cosa serve la donna”. Anche i Padri della Chiesa, la Patristica, hanno messo la donna in una luce negativa soprattutto dicendo che era spiritualmente inferiore all’uomo; la Scolastica riprende la tradizione di Aristotele e quella della Patristica e fa anche la sua parte ma non è solo la tradizione dotta (che chiaramente circolava pochissimo) c’è tutto un tessuto, una tradizione popolare che colloca la donna su un livello inferiore rispetto a quello dell’uomo: nella stessa iconografia popolare la donna veniva rappresentata come la tartaruga o la chiocciola, quindi incorporata alla casa, la donna non sta fuori e quindi non partecipa allo spazio pubblico, la donna spesso è rappresentata a frugare nel borsellino del marito. C’è quest’idea di Santippe che ossessionava il marito Socrate, quindi una donna che nella
migliore delle ipotesi stava quieta ma era anche spesso un’intrigante e una che (pensiamo ad Eva) tentava l’uomo, perché non è Lilith quella creata insieme ad Adamo che la tradizione porta avanti (Lilith diventa un demone), ma Eva che non solo nasce come gemmazione di Adamo ma appunto lo tenta.
I protestanti non hanno un’idea assai migliore della donna, c’è sempre un fraintendimento, il fatto che ci siano le pastore fa pensare che ci sia una maggiore idea di parità, ma Martin Lutero ha detto delle cose terribili sulle donne e su questa funzione evidentemente riproduttiva che le donne avevano. Durante la rivoluzione scientifica fra gli aristotelici e i galenisti ci si pone il problema del ruolo che ha la donna nel concepimento: per gli aristotelici nessuno, i galenisti le concedono qualcosa, dicono che ha qualcosa, ha un liquido ma è più freddo e non fa granchè - l’idea è sempre quella di liquidi seminali che si incontrano – e quindi la donna è una sorta di terrina in cui fare la torta, gli ingredienti sono quelli maschili e lei sta là e cova questo esserino. Certo, quello che poi comincia a turbare nell’osservazione concreta è il fatto che i bambini somigliassero molto spesso alle madri e quindi questa terrina in definitiva qualcosa di suo ce lo metteva, ma si concludeva che comunque era sempre qualcosa di meno significativo di quello dell’uomo. Per arrivare a che cosa? Beh, ad un momento in cui la donna diviene la strega, in una sorta di climax negativo della figura femminile.
Che cos’è la strega? Due parole su questi personaggi. La strega non è sempre stata uguale a se stessa. All’inizio del medioevo, la strega era concepita come la fattucchiera, quella che faceva la pozione quindi la strega è quella che fa, se la facciamo smettere di fare, quella non è più strega. Tra XII e XIII secolo subentra la teoria demonologica, la strega è, quindi la strega è essa stessa demone: beh, la cosa diventa a questo punto molto più complicata perché uno dei modi più ovvi per farla smettere di fare la strega è farla smettere di esistere. Anche se su questo c’è un’idea un po’ sbagliata, per esempio il mondo protestante ha bruciato molte più streghe di quelle delle tre Inquisizioni, l’Inquisizione romana non ne ha mandata a morte neanche una, ma non perché fossero più clementi con le donne: il fatto è che c’è una concezione talmente povera della figura femminile che non la si ritiene neanche capace davvero di fare il demone.
Anche l’idea che noi abbiamo della strega, la strega è una donna anziana, cioè la donna che aveva perso un uomo che poteva garantire per lei perché la donna non aveva autonomia giuridica, aveva sempre bisogno della figura maschile di riferimento. Negli archivi diocesani, negli Acta Criminalia abbiamo molti processi per stregoneria, che sono straordinari da leggere e lo scenario è questo: c’è il cosiddetto procuratore fiscale che è il pubblico ministero che deve interrogare, accusare ecce ecc., e poi tutta una serie di testimonianze. Vi racconto in brevissimo uno di questi processi: siamo nei primi anni ‘60 del 600, questa donna si chiamava Rosa De Pantaleo. Rosa era vedova e si era sposata con un uomo sorprendentemente ricco e di buona famiglia, Rosa invece era una poveraccia e la famiglia che non accetta questo matrimonio le fa una prima accusa di stregoneria. Rosa subisce un primo processo ma la assolvono anche perché c’è il marito che garantisce per lei. Il marito poi muore – stereotipo perfetto – Rosa diventa vedova e siccome già c’era questo sospetto di stregoneria, nuovamente viene accusata di stregoneria. Ma chi l’accusa? La accusano le sue vicine, la accusa la gente che viveva vicino a lei: Rosa faceva degli intrugli, il piombo fuso per curare i mal di testa, allora quando comincia il processo, lei si scandalizza, non nega anzi era orgogliosa di fare questi intrugli che guarivano “li ho provati prima su di me, me li ha insegnati una monaca di Bari “ dice, quindi non c’è niente di eretico in questo. Tanti vanno a testimoniare, ma guarda caso di tutti quelli che vanno a testimoniare, nessuno di loro è guarito quindi qui si comincia a sospettare che in realtà non si trattasse di rimedi benefici. Rosa continua ad affermare di fare queste cose e negare che lei non credesse in Gesù, la madonna, ad un certo punto la accusano che lei facesse togliere i quadri e le immagini sacre quando doveva fare questi trattamenti e lei nega furiosamente anche questa cosa dicendo di essere una buona cristiana. All’inizio, Rosa continua a dire che non è una strega ma una buona credente che non fa nulla di male e attenzione, le testimonianze sono testimonianze autentiche ma molto spesso imbeccate evidentemente dal procuratore fiscale anche se mantengono un linguaggio dialettale, assolutamente ingenuo. Poi, Rosa viene torturata e la tortura serve soprattutto a denunciare altre streghe, perché si dà per scontato che la strega abbia le sue compagne. Da un momento all’altro, improvvisamente, le testimonianze di Rosa cambiano completamente e l’ultima deposizione di Rosa è inquietante: Rosa dice “si, sono una strega, mi metto sulla scopa e andiamo tutti a Benevento, facciamo li sabba, andiamo lì a fare le riunioni e con me viene questa, quest’altra e quest’altra ancora e io ho rinnegato la Madonna, Gesù e i santi”, non ce la fa più ed è come se dicesse “ questo volete sentirvi dire e ve lo dico”.
Rosa naturalmente viene condannata,non a morte ma forse è peggio: viene condannata al carcere a vita e fra le sue penitenze ce n’è una particolarmente scioccante che è quella che lei ogni giorno avrebbe dovuto pulire il refettorio con la lingua. Rosa non si arrende, prova a scappare: la prigione era una delle due torri del Duomo di Molfetta che dava a picco sul mare. Rosa si cala, vede una barchetta e cerca di attirare l’attenzione dei marinai per chiedere loro soccorso, per chiedere di farla salire sulla barca, ma questi la riconoscono e la riconsegnano al vescovo. Rosa viene rimessa in cella, fugge di nuovo, cade, si fa male, passa qualche giorno di agonia e poi muore, ma prima di morire, come ultimo atto di dignità che anche per quei tempi è straordinario, rifiuta i sacramenti, rifiuta l’estrema unzione “strega avete voluto che io fossi e da strega voglio morire”.
L’ultimo episodio arcinoto di caccia alle streghe è quello di Salem nel Massachussets negli anni ‘90 del 1600 in cui tutto questo villaggio viene coinvolto in questa forma di isterismo collettivo (isterismo/isteria viene da utero che viene considerato un organo misterioso e pericolosissimo delle donne, dotato in qualche misura di vita propria): nel 700 la strega ha ormai smesso di inquietare le autorità civili e religiose e Voltaire avrebbe detto “le streghe hanno smesso di esistere quando abbiamo smesso di bruciarle”.
Poi le streghe tornano, di tanto in tanto, pensate allo slogan femminista “tremate, tremate le streghe son tornate”, c’è un’appropriazione di una figura al negativo di cui andare forse in qualche maniera fiere: sono slogan evidentemente anche se mantengono un senso forte. Quello che forse alla fine non è mai scomparsa del tutto è la caccia alle streghe, che è mutevole nelle sue forme, nei suoi presupposti e che forse si riaffaccia in mille modi diversi, nelle forme di discriminazione, nelle forme di violenza, nelle forme di mobbing, nel linguaggio pubblicitario, nel linguaggio scurrile, nell’interpretazione della legge, nell’attacco e nell’attentato a leggi che dovrebbero ormai essere sacrosante.
“ Se la guardi e provi desiderio – e con questo chiudiamo con Umberto Eco - per ciò stesso sei una strega” .
Vi ringrazio.
(Trascrizione dell’intervento non rivista dall’autrice)
Brevi cenni biografici
Annastella Carrino è ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze storiche e sociali dell’Università di Bari e docente di Storia dell’Europa Moderna presso l’Università statale di Bari ”Aldo Moro”.
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